Oratorio della Confraternità dei Santi Agostino e Monica

Oratorio della Confraternità del Santi Agostino e Monica | © Archivio visitsavona Oratorio della Confraternità del Santi Agostino e Monica | © Archivio visitsavona
La struttura interna dell’edificio è a navata unica con copertura a volte a botte, un tempo collegata al mare da un ponte sugli scogli.

La facciata, come l’interno della chiesa, è semplice: all'esterno, sopra il portone principale, è posto un affresco con Santa Lucia, ma appena si varca la soglia l’attenzione viene catturata dalla bellissima cassa processionale del genovese Anton Maria Maragliano, realizzata probabilmente nel 1710 e raffigurante “L’incoronazione di Spine”. Il corpo inerme di Cristo è trattenuto e torturato dai carnefici: uno gli sta sferrando un colpo, digrignando i denti, mentre l’altro gli sta conficcando la corona di spine in testa.

La violenza brutale del gesto viene messa in mostra attraverso questa macchina teatrale dalla drammaticità conclamata, dove la realtà diventa soggetto principale. I confratelli, durante la processione del Venerdì Santo, portano il gruppo ligneo a sfilare per le strade della città, indossando una cappa bianca con dei nastri verdi. La storia della confraternita dei Santi Agostino e Monica è molto antica e probabilmente è cominciata sulla collina del Priamar per proseguire nel 1539 nella Domus Sancti Augustini Episcopi et Confessoris, nella contrada dei battuti. La prima sede venne demolita, tanto da costringere i disciplinanti a trasferirsi in una piccola cappella in prossimità della Darsena e di Porta Quarda, nei pressi del convento degli agostiniani.

Nel 1580 al culto di Sant’Agostino venne aggiunto quello di Santa Monica. Nel 1750 la sede venne trasferita all'interno del piccolo Ospizio dei Santi Crispino e Crispiniano in via dei Cassari, dove rimasero fino al 1819, anno nel quale vennero trasferiti nella seicentesca chiesa dell’ex convento delle suore teresiane dello Spirito Santo. Pochi anni dopo, nel 1884, la chiesa venne espropriata dal Comune per l’apertura di via Pietro Giuria, costringendo la confraternita a trasferirsi nella piccola chiesa di Santa Lucia, risalente al 1436.

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